ESCURSIONI
Romani e Longobardi a Cividale
di Ettore Aulisio
Questa è una piccola nota preparata a supporto della escursione a Cividale del Friuli che l’Associazione ha organizzato il 10 maggio 2008. L’escursione era parte di un percorso conoscitivo di un’era storica la cui prima tappa fu la visita guidata alla mostra “ROMA E I BARBARI: La Nascita di un Nuovo Mondo” organizzata il 5 Aprile 2008 a Venezia da Palazzo Grassi.
“Cividât no je une vile, ma une ponte di citât”
(Cividale non è un paese ma una piccola città)
Cividale, l’antica Forum Iulii, pur contando meno di 12 mila abitanti, ha l’aspetto di una piccola città: ciò dipende sia dall’impianto urbano proprio di un grosso centro, sia dalla presenza di numerosi monumenti e tesori d’arte che, distribuiti nelle vie e nelle piazze o raccolti in chiese e musei, ne documentano la storia e l’importanza politica e culturale avute per tanti secoli.
I Romani, dopo aver sconfitto nel 115 a.C. i Galli Carni, si insediarono nella Valle del Natisone dove esistevano sparsi insediamenti paleoveneti e celtici. Tra il 56 e il 50 a.C., per iniziativa di Giulio Cesare, fu fondata la città di Forum Iulii, protetta da mura di difesa su tre lati e, a sud, dal profondo solco scavato dal Natisone.
Sotto la dominazione Romana fu importante centro commerciale e militare; nel V secolo, alla fine dell’Impero romano, assunse anche notevole importanza religiosa e politica divenendo prima sede vescovile, poi, in seguito alla decadenza di Aquileia, capitale della Regione (“caput Venetiae”).
I Longobardi tra storia e leggenda
Nel mese di aprile del 568, il re longobardo Alboino proveniente dalla Pannonia, invase e depredò il territorio italiano, divenendone successivamente “signore”.
Paolo Diacono nella sua Storia dei Longobardi così ricorda la vicenda:
«Ipse Albuin adduxit Langobardos in Italia, invitatos a Narsete scribarum; et movit Albuin rex Langobardorum de Pannonia mense Aprilis {anno 568} a pascha indictione prima. Secunda vero indictione coeperunt praedare in Italia. Tertia autem indictione factus est dominus Italiae.»
La città di Forum Iulii fu subito scelta come capitale del primo Ducato d’Italia, affidato da re Alboino al nipote Gisulfo.
In quel periodo “la città diede il nome a tutto il territorio che dominava (Friuli) e fu la città per antonomasia (Civitas, poi Civitas Austriae). Distrutta nel 610 dagli Avari si riprese lentamente; durante il secolo VIII fu uno dei centri più attivi e vivaci dell’Italia longobarda, come lasciano capire i molti monumenti. Nel 737 vi si insediò il patriarca di Aquileia, Callisto…. Divennero re d’Italia Ratchis (744-749) e Astolfo (749-756), fratelli d’origine cividalese, come Paolo Diacono, lo storico dei Longobardi e poeta (c. 730-799) e il patriarca S.Paolino (c.730-802), poeta, teologo e consigliere di Carlo Magno”. (dalla Guida d’Italia del TCI, Milano 2005).
Nel 774 Cividale fu occupata dai Franchi; nel secolo successivo fu ancora sede del Ducato e “continuò lo splendore culturale già raggiunto nel periodo Longobardo (il Duca Berengario divenne re d’Italia, 888 – 924), ma fu tragicamente interrotto dalle invasioni degli Ungari, scatenatesi su tutta la regione fra l’899 e il 950” (dalla Guida d’Italia del TCI, Milano 2005).
Le origini leggendarie
Secondo le loro tradizioni, riprese in seguito da storici quali Paolo Diacono, i Longobardi in origine si chiamavano Winnili e abitavano la Scandinavia meridionale. Sotto la guida di due condottieri, i fratelli Ibor e Aio, migrarono verso sud e si stabilirono sulle coste meridionali del Mar Baltico. Qui vennero in conflitto con un’altra popolazione germanica, quella dei Vandali: l’esito della guerra fu molto incerto perché i Winnili, pur essendo molto valorosi, erano in numero esiguo e non erano in grado di far fronte a nemici molto più numerosi di loro.
La leggenda narra che i capi dei Vandali pregarono il dio Odino di concedere loro la vittoria, ma il dio supremo disse che avrebbe decretato la vittoria del popolo che avesse visto per primo il mattino della battaglia. I capi Longobardi invece ricorsero a Frigg, la moglie di Odino, la quale li consigliò di presentarsi uomini e donne insieme al sorgere del sole, le donne coi capelli sciolti fin sotto il mento come fossero barbe. Al sorgere del sole Frigg fece sì che Odino si girasse dalla parte dei Winnili e questi quando li vide chiese: “Chi sono quelli con le lunghe barbe?” (langbärte in germanico antico). Al che la dea rispose: “Poiché gli hai dato un nome, dai loro anche la vittoria“. In tal modo i Winnili in quel giorno vinsero la guerra, assunsero un nuovo nome e adottarono Odino (Totani) come loro dio. Altra divinità da loro venerata era Thor o Tonar, dio del tuono e del metallo, il cui culto prevedeva la decapitazione di una capra.
Le testimonianze storiche e archeologiche
Il primo contatto dei Longobardi con i Romani risale all’anno 5 d. C., durante la campagna di Tiberio contro le tribù germaniche. Lo storico Velleio Patercolo, che accompagnava la vittoriosa spedizione, li descrisse come dei guerrieri più feroci ancora degli altri Germani: “Gens etiam Germana feritate ferocior”.
Successivamente lo storico Romano Tacito li ricorda con queste parole:
“Contra Longobardus paucitas nobilitat: plurimis ac valentissimis nationibus cincti non per obsequium, sed proeliis et periclitando tuti sunt“, ovvero: “Al contrario, la nobiltà dei Longobardi dipende dal loro esiguo numero: circondati da numerose genti valorosissime, si tutelano non con la sottomissione, ma con aggressioni armate“
I Longobardi all’inizio del VI secolo si stabilirono in Pannonia che abbandonarono però nel 568. Nel mese di aprile di quell’anno, con le mogli e con i figli e con ogni masserizia, guidati da re Alboino, marciarono verso l’Italia, dove giunsero l’anno successivo. Vi arrivarono lungo la Via Postumia e attraverso la Valle del Vipacco; la leggenda narra che Alboino si sia soffermato a guardare il panorama della Terra che si accingeva a conquistare dalla vetta di un monte che da allora, fino alla metà del XX secolo fu chiamato Monte del Re, o Monte Re, ora meglio noto come Nanos.
Giunti alle pendici meridionali delle Alpi occuparono la Venezia Giulia. Alboino affidò la città militarmente più importante, Forum Julii, al migliore dei suoi generali, Gisulfo, che divenne duca del Friuli.
Dopo il Veneto Alboino invase la Lombardia, conquistò Milano (569), assediò Pavia che capitolò solo nel 571. L’occupazione longobarda interessò in seguito molte altre regioni: Emilia, Toscana, Umbria (ducato di Spoleto), Marche, Abruzzo e Campania (ducato di Benevento); mentre il resto d’Italia rimaneva sotto la giurisdizione dell’impero bizantino. Politicamente il loro regno fu costituito da una serie di ducati, con sede nelle principali città, che eleggevano un re; questi risiedeva a Pavia e amministrava le proprie terre attraverso agenti (castaldi), che avevano anche la funzione di controllo sull’operato dei duchi.
Itinerario della visita guidata di Cividale
(durata circa 2 ore e mezzo).
Piazza Paolo Diacono: è sede del pittoresco mercato delle erbivendole. La piazza è circondata da edifici antichi e interessanti soprattutto per le tracce di affreschi e per le decorazioni in cotto delle finestre; in questo luogo sorgeva l’abitazione di Paolo Diacono, il più famoso storico longobardo.
Duomo e Museo Cristiano: Il Duomo fu eretto nel 1457 sul luogo di una preesistente chiesa distrutta dal terremoto del 1448; nel 1502 venne ricostruito in forme rinascimentali dagli architetti e scultori Pietro e Tullio Lombardo (artisti molto attivi a Venezia: S. Maria dei Miracoli, SS. Giovanni e Paolo, ecc). Facciata semplice e slanciata, con tre portali ogivali. L’ interno è ampio e solenne, suddiviso in tre navate al termine delle quali sorgono tre absidi; vi, sono collocate molte opere d’arte (monumenti funebri, sculture, dipinti di Palma il Giovane e altri).
L’opera più notevole è la Pala di Pellegrino II, posta sull’altare maggiore; è in argento sbalzato e dorato e raffigura la Madonna col Bambino, santi, angeli e il patriarca Pellegrino II. Ricchissimo e di particolare interesse il Tesoro: vi sono conservati anche due reliquari di arte barbarica (VIII-IX sec.).
Dal Duomo si accede direttamente al Museo Cristiano (www.cividale.com), costituito nel 1946/47; oltre agli affreschi provenienti dal Tempietto Longobardo, vi è conservato il più importante complesso italiano di preziose sculture d’arte barbarica. Altre opere d’arte notevoli: il Battistero di Callisto (VIII sec.), l’Ara di Ratchis (VIII sec.) e la Cattedra marmorea del sec. XI).
Museo Archeologico: si trova in Piazza del Duomo, nel Palazzo dei Provveditori Veneti eretto su disegno di Palladio. E’ una raccolta ricca di testimonianze di vita e storia locale. Particolarmente famosi sono i cimeli longobardi, patriarcali e veneti.
Tempietto Longobardo: è questa la denominazione corrente dell’Oratorio di S. Maria in Valle. Si trova presso la riva del fiume Natisone: davanti all’ingresso si può ammirare il bellissimo panorama sul fiume che scorre tra profonde e scoscese pareti.
Il Tempietto (sec.VIII-IX): è considerato forse il maggiore monumento dell’alto Medioevo occidentale. All’interno dell’edificio si possono ammirare numerose sculture di periodo romano e di periodo altomedievale, alcuni affreschi (notevole quello delle “Sante”) e anche degli stucchi risalenti al sec. VIII.
Ponte del Diavolo: unisce le due alte e rocciose sponde del Natisone; fu costruito nel secolo XV. Nell’ottobre del 1917 fu in parte distrutto dalle truppe italiane in ritirata e, nel 1918, fu ricostruito dagli Austriaci. E’ alto m. 20,50 e ha due archi disuguali (rispettivamente m. 24,50 e m. 18,40 di diametro).
Nello stesso giorno l’escursione si è completata con la visita alle Abbazie benedettine di Sesto al Reghena e di Summaga che hanno una ascendenza diretta con la presenza dei Longobardi.
Le Abbazie benedettine di Sesto al Reghena e di Summaga
Al confine tra le province di Venezia e Pordenone, a poca distanza l’una dall’altra, sorgono due Abbazie benedettine interessanti sia per la loro storia, sia per le particolarità architettoniche e l’opere d’arte che conservano.
L’Abbazia benedettina di Sesto al Reghena (a sei miglia romane da Concordia) fu fondata nell’anno 741 dai duchi longobardi Anto e Marco; sorge sulla riva occidentale del fiume e fu molto importante in periodo altomedievale. Cessato il dominio longobardo, ebbe donazioni da Carlo Magno, da Lotario e da Berengario; il momento di maggiore splendore si ebbe però tra l’XI e il XIV secolo quando, erano alle sue dipendenze oltre 50 ville e castelli sparsi tra il Veneto, il Friuli e l’Istria ,. A partire dal sec. XIV iniziò la sua decadenza.
Il piccolo centro urbano di Sesto si è sviluppato all’interno dei resti della fortificazione abbaziale; parte delle antiche strutture monasteriali sono inglobate in edifici ricostruiti nel tempo (Municipio, canonica, asilo, ecc.). Passando sotto un robusto torrione si accede alla Basilica abbaziale: si tratta di un edificio in forme romanico-bizantine. All’interno è conservato un ciclo di affreschi di enorme interesse artistico; molti dipinti (“Assunzione dell’Evangelista Giovanni”, “Incoronazione della Vergine”, “Madonna col Bambino”, “Martirio di San Pietro”, ecc.) risalgono all’inizio del sec. XIV e sono attribuiti ad artisti della bottega padovana di Giotto, che, in quel periodo, era impegnato nei lavori della Cappella degli Scrovegni.
L’Abbazia benedettina di Summaga, sorta tra i secoli X e XI, vanta un’altra origine e la sua storia è maggiormente legata a quella della Città di Concordia, maggiormente influenzata dall’arte bizantina.
Restauri effettuati nella seconda metà del novecento hanno riportato alla luce sulle pareti affreschi di notevole interesse: “il tema da essi proposto si riferisce alla Redenzione che si apre con il Paradiso Terrestre in cui Adamo ed Eva sono protagonisti…; compaiono poi i sacrifici di Abramo, Melchisedech e di Abele … La vicenda continua con il tema della presenza di Dio e del suo insegnamento simboleggiato dai serafini, dagli Evangelisti, dal Cristo, dagli Apostoli e dagli Angeli, …..” (Dal libro: “La via Annia, memoria e presente”, Venezia 1984).
Nel 1960 furono riportati alla luce affreschi del secolo XI raffiguranti scene cavalleresche (cavalieri, arcieri, musici, lotte di grifoni e di leoni, personificazioni di virtù e vizi).
Dell’inizio del secolo XIII sono probabilmente gli affreschi situati nell’abside della chiesa; suddivisi in tre zone sovrapposte, essi rappresentano la ”Madonna col Bambino” fra angeli e simboli degli Evangelisti, “Cristo tra gli Apostoli”, “Le vergini stolte e le vergini sagge”.
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Gli industriali di Marghera da anni scaricavano a San Giuliano i rifiuti tossici che non riuscivano a piazzare altrove.
Addendum:
Il riconoscimento UNESCO
Il 25 giugno 2011 UNESCO (organismo internazionale per la cultura espressione dell’Organizzazione mondiale della Nazioni Unite) dichiara Patrimonio Mondiale dell’Umanità una serie di siti italiani connessi in un circuito denominato “The Longobards in Italy, Places of Power, 568 – 774 A.D.”, che entrano a far parte della schiera dei più autorevoli Beni Culturali del mondo e cioè nella World Heritage List.
I beni che sono stati iscritti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, nel sito seriale sono:
1. a Cividale del Friuli l’area della Gastaldaga con il cosiddetto Tempietto Longobardo, e il Complesso episcopale con i resti del Palazzo Patriarcale sottostanti il Museo Archeologico Nazionale;
2. a Brescia il Complesso Monastico di S. Salvatore – S. Giulia, voluto da Desiderio, l’ultimo re longobardo e da sua moglie Ansa;
3. a Castelseprio l’area del castrum con la Torre di Torba e la chiesa extra-moenia di S. Maria foris portas con i celebri affreschi;
4. a Spoleto e Campello sul Clitunno, rispettivamente la Basilica di S. Salvatore e il Tempietto del Clitunno; edifici monumentali di tradizione classica arricchiti dai Longobardi con originali e preziosi apparati decorativi;
5. a Benevento il complesso di S. Sofia, voluto dal Duca Arechi Il, con la chiesa e l’annesso chiostro, parte dell’abbazia che oggi ospita il Museo del Sannio;
6. a Monte S. Angelo, il Santuario di San Michele; primo Santuario d’Occidente dedicato al culto micaelico, “adottato” dai Longobardi e poi diffuso sino al nord-Europa, meta di nobili longobardi e di pellegrini provenienti da tutto il continente. il Santuario di San Michele Arcangelo di Monte Sant’Angelo.
Curiosità mestrina.
Una eredità longobarda a Mestre: il culto di San Michele
Il popolo germanico nutriva una particolare venerazione per l’arcangelo Michele, nel quale ritrovavano le virtù guerriere un tempo adorate nel loro dio della guerra Wodan, corrispondente al dio germanico Odino, e già a partire dal VII secolo considerarono l’Arcangelo cardine del loro culto cristiano tanto da ritenere il santuario garganico il santuario nazionale dei Longobardi. Presto San Michele Arcangelo divenne il principale centro di culto dell’arcangelo dell’intero Occidente, modello tipologico per tutti gli altri. Il santuario fu oggetto del mecenatismo monumentale sia dei duchi di Benevento, sia dei re installati a Pavia, che promossero numerosi interventi di ristrutturazione per facilitare l’accesso alla grotta della prima apparizione e per alloggiare i pellegrini. San Michele Arcangelo divenne così una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianità, tappa di quella variante della Via Francigena oggi chiamata “Via Sacra Langobardorum” che conduceva in Terra Santa. Il santuario infatti è uno dei tre maggiori luoghi di culto europei intitolati a San Michele, insieme alla sacra di San Michele in val di Susa, e a Mont-Saint-Michel in Normandia. I tre luoghi sacri si trovano a circa 790 chilometri di distanza l’uno dall’altro (rispettivamente 790 e 770 chilometri), approssimativamente allineati lungo una retta che, prolungata in linea d’aria, conduce a Gerusalemme.
In epoca Longobarda a Campalto (come ricorda Mutinelli) annualmente si svolgeva una fiera importantissima a cui confluivano con le loro merci dalle città e paesi della terraferma e della laguna. A Campalto, come nell’analoga Fiera di Pavia, si commerciavano anche panni di stoffa tessuti con fili d’oro.
Altre curiosità longobarde.
– un luogo molto interessante e suggestivo da vedere è San Pietro in Valle, in Valnerina a pochi chilometri da Spoleto; la chiesa secondo le intenzioni di uno degli ultimi duchi di Spoleto era destinata ad essere il mausoleo dei duchi; Carlo Magno la pensò diversamente;
– anche il paese (natale) di san Nicola (Sant’Angelo in Pontano) in origine era un castello longobardo (in origine era denominato Castel Sant’Angelo) e vicino ai ruderi della casa del santo frate ci sono quelli del longobardo castello.