Appunti per una Storia Minore di un Comune Minore durante il Regno del Lombardo Veneto (1819 – 1866)

Appunti per una Storia Minore di un Comune Minore durante il Regno del Lombardo -Veneto (1819 – 1866).

di Ettore Aulisio

1 – 1819, L’istituzione del Comune di Favaro.

Nel 1819, durante il Regno del Lombardo Veneto, a completamento della Riforma dell’Amministrazione locale delle Province Venete, fu istituito “laComune di Favaro (o di Favero come spesso era indicato anche nei documenti ufficiali, sui manifesti e sul lo stesso timbro della Deputazione Municipale).

Il nuovo Comune era il più esteso (oltre 41 Kmq) dei sette Comuni che componevano il Distretto II di Mestre di cui occupava la parte nord-orientale; per tutto il periodo storico considerato (1819 – 1866) la superficie comunale rimase immutata.

Favaro, avendo meno di 3.000 abitanti, fu classificato “Comune minore” e perciò l’organo di rappresentanza della popolazione non fu il “Consiglio Comunale” a carattere elettivo, ma il “Convocato Generale degli estimati” di cui di diritto facevano parte tutti i possidenti terrieri (grandi o piccoli, maschi o femmine, alfabeti e no, residenti o no) che dovevano corrispondere al Comune dei tributi per le loro proprietà; in definitiva nel Convocato erano presenti i proprietari terrieri in prevalenza residenti a Venezia e Mestre, e non la popolazione locale quasi totalmente composta da villici e braccianti.

2 – Il Convocato Generale degli Estimati e la Deputazione Municipale

Il Convocato provvedeva all’elezione della Deputazione Municipale composta da un Primo Deputato eletto tra i tre maggiori possidenti del Comune, e da due Deputati municipali eletti tra gli altri membri indipendentemente dall’entità dei loro beni.

Il Primo Deputato e i Deputati Municipali potevano amministrare il Comune delegando al loro posto altre persone di loro fiducia, in genere amministratori dei loro beni; la delega poteva essere temporanea oppure valida per tutto il mandato. Come Primo Deputato poteva essere eletto anche un Ente o un Pio Istituto: ad esempio per alcuni anni fu eletto a tale carica il Pio Istituto di Santa Maria degli Esposti che si fece rappresentare dal dottor Ghirlanda, possidente e medico del Comune abitante tra Dese e Marcon.

Anche gli altri componenti del Convocato potevano essere rappresentati alle riunioni da persone da loro delegate.

Il numero degli “estimati” nel Comune di Favaro era piuttosto limitato, in tutto 123; di questi meno di venti, tutti non residenti nel Comune, possedevano oltre i due terzi dei terreni; tale situazione rimase praticamente immutata per diversi decenni.

Verso la metà dell’ottocento i maggiori possidenti risultarono essere:

1) Mensa Patriarcale; 2) Querini Stampalja Giovanni erede del C.te Gerolamo); 3) Casa degli Esposti; 4) Cerroni Domenico; 5) Bianchi Barone Federico; 6) Giacomuzzi fratelli; 7) Giacomuzzi Angelo; 8) Luogo pio Ca’ di Dio; 9) Piva Doratea; 10) Arnauld Maria Qualizza; 11) Pelutti Francesco; 12) Marcello C.te Girolamo; 13) Cima Federico; 14) Moravia Abramo; 15) Biasutti don Giobatta; 16) Zorzi Alessandro; 17) Dri Giacomo; 18) Berna Giacomo.

Degli altri abitanti del Comune pochissimi erano coloro che svolgevano delle attività non rurali, attività per le quali, a seconda della loro consistenza, era previsto il pagamento della tassa per il Commercio e l’Industria; di tale persone si riporta un elenco nominativo relativo al 1847, anche se redatto il 13 luglio 1848, elenco pressoché confermato anche negli anni successivi:

A – Individui operanti professioni liberali:  1) Zambon dr. Pietro, medico condotto;  2) Smania Antonio, chirurgo maggiore condotto; 3) Antolini Antonio, proprietario della farmacia in Dese.

B – Fabbricatori, commercianti ed artisti, negozianti: nessuno.

C- Impresari di strade (non residenti nel Comune): 1) Bellinato Alvise; 2) Cardin Antonio; 3) Menegazzo Antonio; 4)  Usigli Leone.

D – Imprenditori di palazzi: nessuno.

E – Fabbricatori di tegole: 1 – Luccietti GioBatta.

F – Industrianti: 1) Tessaro Domenico (oste); 2) Novello Regina (oste, salsamenteria); 3) Mino Teresa (idem); 4) Trevisanello Angelo (idem); 5) Smania Andrea, prestinaio (panettiere-fornaio); tutti esentati dal pagamento delle tasse data l’esiguità dell’attività svolta.

G – Artisti giornalieri: 1) Quarti Paolo, carrajo giornaliero; 2) Zanin Natale, fabbro giornaliero; 3) Franceschi Francesco, fabbro giornaliero;  tutti esentati dal pagamento delle tasse perché considerati di condizione miserabile.

Non erano certamente ‘estimati’, e quindi non pagavano le tasse, i ‘villici’, cioè la quasi totalità della popolazione composta in prevalenza da fittavoli, da braccianti giornalieri e da “lavoratori obbligati”, cioè da coloro che per pagare l’affitto di un ‘casone’ dovevano fornire al proprietario delle prestazioni lavorative obbligatorie.

3 – I “Primi Deputati Municipali “

Tra i Primi Deputati di Favaro figurano alcuni nomi illustri della nobiltà austriaca e di quella veneziana.

Faceva parte della nobiltà austriaca il Barone Federico Bianchi, duca di Casalanza, nato a Vienna: nel 1815 al comando delle truppe austriache, il Bianchi  sconfisse a Tolentino (Mc) le truppe di Gioacchino Murat. Per la sua impresa militare, che facilitò la Restaurazione in Italia del Vecchio Regime, ricevette da vari sovrani molteplici benemerenze: tra gli altri l’Imperatore d’Austria lo nominò Barone mentre il re di Napoli Ferdinando I – divenuto Re delle Due Sicilie –  gli concesse il titolo trasmissibile di Duca di Casalanza, cioè della località del Casertano in cui fu siglata la definitiva resa dell’esercito di Murat. Naturalmente le benemerenze conferitegli non erano solo onorifiche: ad esempio il re Ferdinando I gli concesse anche un assegno annuale di 9.000 ducati, l’Imperatore d’Austria gli concesse in proprietà vari beni terrieri, ecc. Le consistenti ricchezze ottenute dai vari sovrani permisero al Bianchi, una volta cessato il servizio militare, di dare vita ad una grande e florida Azienda Agricola a Mogliano Veneto, il luogo in cui fissò la propria residenza; l’azienda si estendeva anche a Dese dove possedeva vasti terreni soprattutto nella località allora detta Lio Marin (attualmente denominata Garioni). Il nobil-uomo (NH) e i suoi eredi conservarono la cittadinanza austriaca anche dopo l’annessione del Veneto all’Italia, ma solo nel 1904 il titolo di Duca gli fu riconosciuto dallo Stato Italiano. L’Azienda Agricola Bianchi è ancora attiva. Per l’assolvimento dell’incarico amministrativo municipale si fece rappresentare da Giuseppe Luccietti, un imprenditore-possidente di Mestre.

Apparteneva invece alla nobiltà veneziana il conte Girolamo Querini del ramo Stampalja, esponente di un ramo cadetto di quella antica e ricchissima famiglia; di lui non si ricordano fatti notevoli, solo che dopo la caduta della Repubblica di Venezia ricoprì alcune cariche onorifiche presso la Corte Asburgica. Morì senza eredi diretti. Quando fu eletto dichiarò per iscritto che per l’assolvimento dell’incarico delegava Giuseppe Luccietti, in quanto nel territorio comunale di Favaro non possedeva una casa in grado di ospitarlo.

Il conte Giovanni Querini Stampalja, appartenente al ramo principale della famiglia, fu l’erede universale dei beni dello zio Girolamo. Il conte Giovanni, figlio di Alvise, funzionario imperial regio, era uomo di cultura e di scienze; curava le sue immense proprietà agricole ubicate in vari Comuni veneti e cercò di incrementare alcune colture agricole quali ad esempio la produzione della seta nel trevigiano. A Dese costruì una fornace per la produzione di tegole (amministrata da Giuseppe Luccietti). Fu Primo Deputato di Favaro per vari decenni, si dimise nel 1848 poco prima dell’insurrezione di Venezia; alcuni anni dopo fu rieletto nuovamente alla carica di Primo Deputato, ma si dimise una seconda volta per ragioni di salute proprio vigilia dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Era contemporaneamente anche membro del Consiglio Comunale di Venezia. Morto senza eredi destinò tutte le sue sostanze alla Fondazione Querini Stampalja con sede a Venezia nella sua casa di Santa Maria Formosa. A Favaro si fece rappresentare in un primo tempo da Giuseppe Luccietti, poi dall’imprenditore-possidente mestrino Puppi.

Nell’estate del 1848, durante l’assedio di Venezia, ricoprì la carica di Primo Deputato una persona che non figurava tra i primi tre possidenti del Comune; si trattava di  Giacomo Vecchiato, piccolo possidente e gestore dell’Osteria di Favaro situata in via San Donà (al suo posto ora è ubicato un Istituto di Credito). La sua nomina aveva carattere politico ed era stata voluta dalle autorità austriache.

L’ultima persona a ricoprire la carica di Primo Deputato fu Antonio Giacomuzzi, proprietario di molti terreni nella frazione di Favaro e di una famosa Distilleria situata in Piazza Maggiore a Mestre; suo fu il compito di gestire il passaggio dalla amministrazione austriaca a quella italiana,

4 – I Deputati Municipali

Fecero parte della Deputazione Municipale diversi possidenti abitanti nel Comune di Favaro o in altri Comuni, in specie di Venezia; in questa sede citiamo soprattutto i nomi di coloro che maggiormente parteciparono all’attività amministrativa. Il possidente di Venezia Dri Giacomo (detto Indri) che, essendo proprietario dell’unica villa esistente a Favaro, prese parte più degli altri alla vita del Comune; altri Deputati piuttosto attivi furono Bortolato Giovanni, Crovato Antonio, Gatto Bartolomeo, Cima Federico, Antolini Antonio (questi ultimi due aderirono apertamente al Governo provvisorio di Manin e si ritirarono al ritorno a Favaro delle truppe austriache il 17 giugno 1848), Davanzo Lorenzo, Cestaro Antonio, Giacomuzzi Giovanni, Giacomuzzi Antonio, Raganello Giovanni, Osello Giovanni, Dal Canton Gio.Batta, Checchin Giacomo.

5 – L’Agente Comunale

In pratica il lavoro amministrativo era svolto dall’Agente Comunale che, per molti anni, fu Francesco Belcarello: egli era molto presente nella sede municipale, anche di notte durante l’assedio di Venezia. Aiutato dal Cursore comunale cercava di mandare avanti l’Amministrazione Municipale pur nella quasi continua latitanza dei Deputati e dei loro delegati. In alcuni casi, assenti gli amministratori, dovette assumere di propria iniziativa delle decisioni anche importanti.

Migliaia di documenti conservati all’Archivio Municipale di Favaro, dalla ordinata e minuta calligrafia, testimoniano il grande e continuo lavoro che il Belcarello svolse per alcuni decenni. 

Copertina della riedizione di “Barche e Barcaroli” al quale è stato aggiunto il supplemento curato da Selina Zampedri su “canoe e kayak”

6 – Persone e personaggi del ’48-‘49

In occasione della insurrezione e dell’assedio di Venezia sono menzionate più persone, innanzi tutto i due già ricordati Deputati Municipali Cima Federico e Antolini Antonio che essi, assieme a Smania Antonio, Giacomo Checchin, G.Batta Osello, Tommaso Gottardo, Antonio Maguolo, Antonio Bigo, Evangelista Scrocaro, Bartolomeo Spironello e Domenico Ruzzini, aderirono subito al Governo Provvisorio e diedero vita alla Guardia Civica di Favaro. Nel giugno ’48, ritornati a Favaro gli austriaci, il Cima si dimise dalla carica di Deputato municipale, mentre l’Antolini si rifugiò a Venezia militando col grado di capitano nella Guardia Civica di quella città e partecipando attivamente a diverse operazioni militari; si distinse particolarmente, alcuni giorni prima della resa, nella difesa del Ponte lagunare quando, a San Secondo, riuscì a respingere un attacco nemico (cfr. Archivio di Stato Venezia).

Il medico Zambon Giulio comandò la Guardia Civica di Favaro sino al 16  giugno ’48; nel mese di novembre di quell’anno fu arrestato dalla polizia austriaca, rimesso in libertà dopo circa un mese di carcere si allontanò dal Comune, probabilmente per raggiungere Venezia. Il 20 gennaio del ’49 dalle autorità austriache fu dichiarato ‘fuggitivo’.

Il 22 marzo del’48 si allontanarono dai loro reparti dell’esercito austriaco i soldati Spadon Giovanni, Briggi Girolamo, Capo Sante, Capo Giacomo, Bruson Costantino, Ricato Marc’Antonio, Pavan Angelo.

Dopo il ritorno degli austriaci si allontanarono dal Comune di Favaro Battisti Giuseppe, Bottarin Eugenio, Reibel Luca, Origene Onesto, ma non si sa se queste persone si rifugiarono a Venezia o andarono altrove; senz’altro aderirono alla Forze Armate del Governo Provvisorio della città lagunare di Venezia Checchin Agostino, Rigo Giuseppe e Zecchinato Angelo, il quale ultimo fu ferito in combattimento a Treporti.

Risulta, sempre dagli Atti comunali, che anche altre persone si allontanarono dal Comune, tra essi c’era Raganello Giovanni di Campalto, figlio dell’allora gestore del traghetto lagunare, non si sa però se aderì a qualche corpo militare repubblicano o se invece, considerato che era un abile barcaiolo, provvide al trasporto clandestino di merci e persone alla città di Venezia.

7 – I barcaioli di Campalto

Negli anni successivi all’insurrezione e all’assedio di Venezia, compare spesso negli atti municipali il nome di Giovanni Raganello, succeduto al padre nella proprietà delle barche che traghettavano persone e merci a Venezia e nella conduzione dell’osteria detta “Al Passo” che sorgeva nei possedimenti di Giovanni Giacomuzzi; in quel periodo assunse anche la gestione del “Passo” di Campalto che permetteva  l’attraversamento del canale Osellino nei pressi del ghebo detto ”Morosini”.

Nel 1852 presentò istanza per avere “l’esclusiva licenza del trasporto giornaliero delle lattivendole da Campalto a Venezia e viceversa”, istanza a cui si oppose Giovanni Giacomuzzi. La controversia tra fittavolo e proprietario durò per alcuni anni e solo nel 1854 fu concessa al Raganello l’autorizzazione di gestire il traghetto impiegando i barcaioli Angelo Chinellato, Giuseppe Pivato, Angelo Caon e Pasquale Darisi, tutti di Campalto.

Nel 1853, con la collaborazione, oltre che dei barcaioli  già citati, anche di Giuseppe Miotto, Giovanni Balliera e Giuseppe Darisi, salvò da sicuro naufragio quattro persone che erano state sorprese in laguna da una violenta tempesta.

Stampa d'epoca raffigurante le "latariole" recanti il latte a Venezia dalle campagne

Dal 6 gennaio al 4 febbraio del 1863, per permettere il funzionamento del traghetto,  assunse a proprie spese diversi villici col compito di rompere la lastra di ghiaccio che si era formata in laguna a causa del freddo eccezionale: ciò garantì sia il lavoro e il guadagno delle lattivendole (latariole), sia il regolare rifornimento di latte alle famiglie veneziane.

Questa voce è stata pubblicata in Le attività, Ricerche e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento