Evoluzione della meccanica agraria dalle origini al XIX° secolo

RICERCHE

Evoluzione della meccanica agraria dalle origini al XIX° secolo
di Paolo Amirante

L’uomo preistorico per sopravvivere è diventato agricoltore; negli scavi archeologici si sono ritrovati attrezzi acuminati o affilati, usati per incidere il terreno o raccogliere le erbe da mangiare. Alla preistoria risale il primo rudimentale aratro; l’aratro del Lavagnone risale ad una fase iniziale della cultura di Polada (nel 2000 a.C.) ed è il più antico aratro del mondo che sia giunto sino a noi.
Il nome deriva dalla località di Polada, nel territorio del comune di Lonato del Garda, dove negli anni tra il 1870 e il 1875 si ebbero i primi ritrovamenti attribuiti a questa cultura, in seguito a lavori di bonifica in una torbiera. Altre ritrovamenti importanti si ritrovano nell’area tra Mantova e i laghi di Garda e di Pusiano.

Aratro preistorico

Figura 1 Aratro preistorico

L’aratro preistorico è uno strumento costruito interamente in legno che, come ogni materiale organico ed in normali condizioni di giacitura, nei nostri climi, si decompone; solo in condizioni anaerobiche, come quelle di una torbiera, il legno si conserva perfettamente. L’aratro fu scoperto nel 1978 in uno strato torboso, incastrato tra i pali dell’insediamento palafitticolo del Lavagnone.

Figura 2: Aratro dell’antico Egitto

Figura 2: Aratro dell’antico Egitto

Altre antiche testimonianze dell’aratro risalgono all’età del neolitico nell’antico Egitto. Gli aratri dell’antichità si distinguono in due grandi raggruppamenti, classificati secondo la tipologia della bure, ossia del timone dell’aratro: quelli a bastone (in cui la bure è diritta e si collega a un primitivo bastone da scavo) e quelli ad uncino in cui la bure è invece ricurva. Tuttavia, in Italia l’inizio della meccanizzazione si può far risalire al 1663, allorché l’italiano Giuseppe Locatelli realizzò una macchina seminatrice che consisteva in un cassetto che si applicava all’aratro munito di un distributore a cucchiaio che ruotava con il movimento dell’aratro stesso.
Nel 1670 un altro italiano, Giovanni Cavallina inventò la prima macchina seminatrice meccanica, che fu perfezionata da Francesco Lana di Brescia. Questa nuova macchina era composta da una cassetta rettangolare con due ripiani bucherellati, sorretta da ruote. Dal piano superiore in semi cadevano su quello inferiore e da questo in una serie di piccoli tubi che guidavano i semi in profondità nei solchi scavati dall’aratro.

Jethro Tull, un agronomo e inventore inglese, pioniere della moderna agricoltura e inventore, nel 1701, da vita alla prima seminatrice meccanica; Tull è considerato uno dei fautori del metodo scientifico in agricoltura ed ha contribuito a trasformare le pratiche agricole, inventando o migliorando numerosi strumenti (cfr. Figura 3).

Figura 3: Seminatrice meccanica di Tull

Figura 3: Seminatrice meccanica di Tull

Nel 1832 tre italiani, Raffaele Lambruschini, Luigi e Cosimo Ridolfi, misero a punto il rovesciatore elicoidale, una specie di elica che rigira completamente il terreno sminuzzandolo .
Questo dispositivo venne studiato e perfezionato da un americano e da un italiano, quest’ultimo nel 1862 realizzò l’ aratro ravagliatore .provvisto di vomere e di versoio. Nello stesso periodo vennero realizzati i primi aratri con più vomeri, ma a questo punto la forza degli animali non bastava più a smuovere le nuove macchine, era tempo di trovare una soluzione con nuove macchine motrici che riducessero lo sforzo fisico dell’uomo e l’uso della trazione con gli animali.

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Dal  Notiziario dell’ Accademia dei Georgofili del 12 OTTOBRE 2016

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