Storia minore di un Comune minore. Favaro al tempo del Regno del Lombardo Veneto (1a parte 1819 – 1866)

RICERCHE

Storia minore di un Comune minore.

Favaro al tempo del Regno del Lombardo Veneto (1a parte 1819 – 1866) 

di Ettore Aulisio

Premessa: le fonti documentali e conoscenza vicende situazione precedente.

Nel 1819, nell’ambito della riforma amministrativa del Lombardo-Veneto, fu istituito il Comune amministrativo di Favaro compreso nel Distretto II di Mestre di cui occupava la parte nord orientale, affacciandosi per lungo tratto sulla Laguna di Venezia.

Volendo ricostruire, per quanto possibile, le vicende  di questo Comune durante il Regno del Lombardo-Veneto, ci si accinge a riordinare le ricerche già pubblicate nei Quaderni di Terra Antica negli anni 2000, 2002 e 2004; come allora le principali fonti documentali restano gli Atti amministrativi conservati presso l’Archivio Municipale di Favaro, gli Atti del Catasto conservati presso l’Archivio di Stato, le varie pubblicazioni in materia di Sergio Barizza e i saggi economici-statistici di Emilio Morpurgo e Carlo Stivanello. 

Iniziando questo lavoro si intende fare propria l’avvertenza fatta da Emilio Morpurgo in un suo saggio e che, sinteticamente, si vuole ricordare: nessuna ricerca di carattere storico, per quanto modesta, non può prescindere dalla conoscenza del passato di un popolo e di uno Stato; tali conoscenze sono maggiormente necessarie quando la vita di un popolo, [quale quello della Repubblica di Venezia] subì dei profondi sconvolgimenti e quando, per qualsiasi causa, le sue forme istituzionali vennero a mutare e la sua compagine politica ed economica venne sconvolta interamente. Tale avvertenza si ritiene valida anche per il riordino delle ricerche relative al territorio e alla popolazione della Terraferma veneziana, in particolar modo per quanto riguarda lo studio degli ordinamenti amministrativi e della proprietà fondiaria; si ritiene perciò opportuno far precedere la ricerca da una rapida e sintetica descrizione delle condizioni esistenti prima della nuova situazione istituzionale, cioè del Regno del Lombardo Veneto.

Una ulteriore ed eccezionale fonte documentale sono gli Atti Catastali in particolare quelli del Catasto conservati all’Archivio di Stato di Venezia: la consultazione di questi Atti ha permesso una maggiore conoscenza dello stato dell’agricoltura, del territorio e, in qualche misura, anche della popolazione negli anni successivi alla caduta della Repubblica di Venezia.

Questo fondo è comunemente conosciuto con le denominazioni di “Catasto napoleonico”, di “Catasto austriaco” e di “Catasto austro-italiano”.

Il “Catasto napoleonico” comprende le mappe con relativi “sommarioni” prodotte dalla amministrazione francese dal 1807 al 1813; le mappe, redatte in base ad un rilievo effettuato su base geometrico-parcellare del territorio, sono geograficamente attendili e sostituiscono quelle redatte con una certa approssimazione nel periodo precedente; esse documentano la forma e la scansione dei lotti, la posizione degli edifici, l’utilizzazione dei terreni, ecc.  I “sommarioni” che le accompagnano sono dei  registri in cui sono indicati:  il numero della particella mappale, il nome del possessore, il  toponimo, la destinazione d’uso del terreno o dell’immobile, la superficie.

A quella del Catasto Napoleonico seguì l’elaborazione del Catasto Austriaco: innanzi tutto furono utilizzate le mappe francesi e fu effettuata una loro revisione in caso di reclami, quindi si diede l’avvio alla complessa operazione delle stime che prevedeva la redazione degli Atti preparatori, delle Tavole di classamento, delle Tavole di descrizione e stima dei fabbricati, dei Quaderni dei gelsi e degli ulivi, delle Minute di stima, ecc. Il lavoro fu infine completato con il riordino conclusivo del Catasto (Registri catasto, Estratti catastali, Riassunti degli estratti catastali, Epiloghi del perticato e della rendita, ecc.).

Nel Catasto Austro-italiano si conservano  solo per la Provincia di Venezia i Registri di Catasto, le Rubriche dei Possessori e i libri partitari della attivazione sino alla conclusione delle operazioni catastali (1926-1930  circa). 

Per la documentazione del presente lavoro si sono consultati gli “Atti preparatori” cioè i fascicoli – uno per ogni comune censuario, comprendenti le “Nozioni generali territoriali” e le “Nozioni agrarie di dettaglio”; sono delle relazioni molto accurate che permettono di conoscere lo stato dell’agricoltura, quasi una vera e propria inchiesta preliminare. 

Attualmente questo materiale documentale è stato riordinato sotto la sovraintendenza di Eurigio Tonetti.

Domini della Repubblica Veneta in Italia settentrionale.

Il  Veneto al tempo del Governo Napoleonico. La proprietà fondiaria durante il Regno del Lombardo Veneto (il catasto francese e austriaco)

L’aspetto del territorio del Comune di Favaro negli ultimi due secoli è mutato notevolmente; solo davanti ad alcuni dipinti di Guglielmo Ciardi che riproducono la confinante campagna trevigiana si è in grado di immaginare come si presentava il territorio nella prima metà dell’ottocento. Le trasformazioni e i mutamenti ambientali sono però avvenuti solo dopo l’unità d’Italia; durante il Regno del Lombardo-Veneto si verificarono una minima riduzione dell’area boschiva (la richiesta di legname per I.R. Marina si era ridotta) e alcuni piccoli tratti di palude furono ridotti a risaie. Per descrivere, seppure sommariamente, il territorio del Comune è stato utile il confronto di corografie, mappe catastali, elenchi delle strade comunali e, soprattutto le relazioni del 1826 del Catasto, oltre ad alcuni documenti dell’Archivio municipale.

Dalle Relazioni del 1826 allegate agli “Atti preparatori” del Catasto Austriaco si possono ricavare le seguenti notizie riguardanti le condizioni climatiche: in tutto il Comune “il clima è temperato, l’inverno non è molto lungo, e le nevi di breve durata; i venti sciroccali sono causa di frequenti piogge in autunno e primavera…(Il territorio) non è molto soggetto alle grandini, siccità e mortalità delle viti”. Da notare però che in alcuni anni successivi a causa della siccità ci furono dei periodi di carestia e che a partire dagli anni cinquanta l’oidio ed altri parassiti  colpirono le viti.

Differenze fra le varie località venivano invece segnalate circa la salubrità dell’aria conseguenti le diverse situazioni ambientali esistenti nelle varie zone del Comune: a Favaro e a Dese l’aria era definita “poco salubre singolarmente in autunno essendo poco distante il territorio dalle paludi di Terzo e Tessera; a Campalto l’aria era descritta “poco salubre in tutte le stagioni essendo posto il territorio in mezzo alle paludi, e nel lembo delle lagune”, a Terzo e Tessera l’aria non era “salubre in nessuna stagione essendo posto il territorio in situazione infelicissima in mezzo a paludi e sulle sponde delle Lagune venete fra le acque dolci e salse”.

La qualità dei terreni

Gli “Epiloghi della qualità dei terreni” del Catasto Austriaco ci forniscono notizie altre notizie circa la situazione ambientale ed agricola nel Comune mettendo in evidenza le diversità esistenti all’epoca tra le varie località.

Dai dati riportati negli Epiloghi risulta che solo la metà della superfice   poteva essere destinata alle attività agricole: i terreni coltivati (arativi, brolli, orti) e dei prati (semplici, arborati, ecc.)  rappresentavano rispettivamente il 27,8 e il 19,25 della superfice totale del Comune; non esistevano prati artificiali e vigneti; l’11,40 del territorio era ricoperto da boschi e boschetti e il 12,40 dai pascoli (spesso vere e proprie brughiere); un quarto del territorio era occupato dalla laguna, da barene (indicate col termine ‘maremme’) e da paludi dalle quali si riuscivano ad ottenere dei prodotti utili alle attività umane (strame, logli, canne, piante da utilizzare per l’alimentazione umana o per ricavare Sali da impiegare nelle industrie vetrarie, argilla per la costruzione di mattoni). Infine una minima parte del territorio, meno dell’1%, era occupata da strade e fabbricati.

Andare da Campalto a Tessera, due località contigue sul margine della Laguna occorreva percorrere per vari chilometri via Gobbi, poco più di una strada campestre, fino a Favaro e da qui via Spigariola sino a Terzo e Tessera, il comune censuario più grande ed in gran parte ricoperto di paludi; la antica via Orlanda, una strada romana, il cui tracciato procedeva linearmente tra le due frazioni era diventata impraticabile a causa delle paludi dei prati che le avevano ricoperta ed anche di alcune abitazioni abusive costruite sulla sua sede. Questo era comunque il percorso che ogni giorno dovevano compiere i venditori di latte, in specie donne (le “latariole”) per andare a rifornirsi presso le stalle dei maggiori produttori.

La popolazione: le fonti documentali 

Non si è riusciti a trovare fonti certe per indicare il numero degli abitanti del Comune di Favaro nell’anno in cui fu costituito e per i primi anni successivi; nell’opera non aiutano neppure i registri parrocchiali non sempre tenuti e/o conservati con diligenza, ne atti dell’Archivio Municipale (mancano i documenti dei primi anni di attività); per gli anni successivi abbiamo notizie più certe perché la piccola macchina comunale incomincia a funzionare e si raccolgono i dati dei nati e dei morti e degli immigrati e degli emigrati. Raffrontando varie fonti si è riusciti a sapere che allora la popolazione era molto scarsa, insufficiente ai bisogni dell’agricoltura, e che nella buona stagione veniva lavoratori dal Friuli, dal Bellunese e dai Comuni del Distretto. Facendo alcuni raffronti si è ipotizzato che la popolazione nel 1822 ammontasse a poco più di 1.200 persone. I dati dell’anagrafe comunale segnalano una diminuzione della popolazione che nel 1935 contava 1.195 persone; da quell’anno però ci fu per quasi tutto il periodo del Regno del Lombardo Veneto un graduale aumento, ad eccezione di alcuni anni, soprattutto in occasione dell’assedio di Venezia o di qualche epidemia di colera. Tale aumentato era determinato soprattutto dall’immigrazione di alcune famiglie del Distretto che venivano ad abitare in Comune in numero superiore di quello della famiglie che facevano “San Martino” e emigravano verso altri Comuni. In tutto il periodo in cui durò il Regno del Lombardo Veneto il saldo fra i nati e i morti fu negativo: molti morivano nei primi anni di vita, pochi superavano i venti anni. Forte era anche il numero donne che morivano per parto che avveniva in pessime condizioni igieniche con l’assistenza di “mammane pratiche”; le autorità Distrettali in diverse occasioni avevano proposto l’assunzione di una “mammana diplomata”, cioè di una levatrice diplomata, ma il Convocato resinse sempre le proposte, forse per aggravare gli estimati di qualche fiorino in più d’imposta. 

Al 1 novembre del 186a, poco prima dell’annessione al Regno d’Italia, il numero degli abitanti ammontava a 1883; l’aumento molto probabilmente fu conseguenza del aumento della superficie destinata alla agricoltura con la colonizzazione di alcuni terreni precedentemente ricoperti da boschi e boscaglie e della riduzione di alcune tratti di paludi trasformandole in risaie.

 

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La terra veneta era tutta distesa tra le montagne nitide, dalle quali giungeva la loro aria, e il mare, indicato dalle nubi, modellate dallo stesso vento che arrotolava le onde.

— Giovanni Comisso, La mia casa di campagna (1958)

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